Intervista di Giacomo Amadori su Libero
Il nome del senatore del Pd Ugo Sposetti, 68 anni, ex tesoriere dei Ds, è citato nelle carte dell’inchiesta sulle Grandi opere della procura di Firenze e dei carabinieri del Ros per un versamento che l’indagato Giulio Burchi, l’ex presidente di Italferr (società del Gruppo Ferrovie dello Stato) gli avrebbe fatto su un conto corrente. «Sarà stato un bonifico a favore delle campagne elettorali o delle fondazioni del Pd e delle loro iniziative politiche e culturali» prova a ricostruire con Libero.
Quel versamento quindi non era per lei?
«A me che mi servono i soldi di Burchi? Questa cosa è una sciocchezza totale. I politici sono tutti tracciati. Lasci perdere».
Per chi era quel versamento dell’ottobre del 2013?
«Tesoro mio non sono mica un juke-box… io ho sempre raccolto offerte per le fondazioni, quei soldi vanno là. Giro sempre con i tagliandini con iban e codice fiscale delle fondazioni da sostenere».
Anche oggi ha con sé la mercanzia?
«(si accende) Ho tutto. Se la incontro quanto meno 100 euro li deve mandare».
A chi?
«All’associazione Enrico Berlinguer. Oppure alla fondazione Cespe che risale agli anni ’70 ed era del Pci. E poi ho i fogliettini del 5 per mille della fondazione Gramsci. Da anni raccolgo risorse per queste benefiche istituzioni».
Le fondazioni non sono sempre benefiche…
«C’è di tutto. È fisiologico in un paese come il nostro. Però se lei si collega sul sito dell’associazione Enrico Berlinguer o della Notte rossa vede quante iniziative fanno queste fondazioni, nate dopo la formazione del Pd».
Burchi i versamenti li faceva a nome proprio o a nome di Italferr?
«Questo non lo so. Spero che li abbia fatti a nome suo. Se poi Burchi ha una sua società personale, essendo un professionista, poteva fare le donazioni con quella, rispettando le regole».
Nell’indagine di Firenze lei è citato anche per alcune raccomandazioni. Per esempio si è impegnato per trovare lavoro all’ex parlamentare Massimo Marchignoli.
«E allora? Era rimasto senza impiego. Se le servisse, aiuterei anche lei…».
Nelle intercettazioni si lamenta perché deve occuparsi solo di trovare posti di lavoro…
«Purtroppo è così».
Si è stancato di farlo?
«No, non mi scoccia. Facendo attività politica da 45 anni, ho incontrato tanta gente e nel partito chi rimaneva senza lavoro diceva: sentiamo Sposetti se ci aiuta. E allora? Ho fatto peccato?»
Quando dice che lei ha sostituito il vecchio Pci che cosa intende?
«Che mi devo occupare di tutto il personale che è rimasto. Ho dovuto metterlo anche in cassa integrazione».
Però lei si è preoccupato soprattutto di un ex deputato con vitalizio…
«Vede che dice cazzate. Marchignoli è senza reddito perché non ha l’età per la pensione. A lui, tra l’altro, non sono nemmeno riuscito a trovare un posto».
Sarà perché lei gli cercava un incarico di prestigio, dentro a un cda…
«Nella sua vita Marchignoli ha fatto anche il presidente di municipalizzata. Purtroppo ora per trovare un posto non basta la professionalità, ma serve una laurea. Pure io non ho mai sostenuto un esame all’università eppure non mi vergogno di questo e credo di saper fare il mio lavoro».
E ora fa solo l’ufficio di collocamento?
«No. Faccio anche altre cose. Per esempio a Burchi chiedevo pure soldi e non è che fosse molto magnanimo quell’uomo».
Gli ha chiesto denaro anche per le campagne elettorali?
«Quando sono stato candidato ho cercato soldi per la mia».
E lui quanto le ha dato?
«Non so, forse niente. Da quello che ricordo l’uomo ha il braccino corto».
Oltre a Burchi chi conosce di Italferr? Quell’azienda sembra un fortino degli ex Ds.
«Io Burchi non l’ho conosciuto in Italferr. Non c’entra niente. Lui è stato anche con Gabriele Albertini all’Atm di Milano».
Come vi siete incontrati?
«È successo una quindicina di anni fa, era un professionista iscritto ai Ds a Modena. Solo ultimamente si è intensificata la frequentazione. Spesso quando veniva a Roma e aveva un’ora libera mi chiamava per un caffè. È uno che parla molto, come si intuisce dalle intercettazioni».
Nell’inchiesta di Firenze ci sono diversi indagati del suo partito. Il consigliere regionale emiliano Vladimiro Fiammenghi lo conosce?
«Sì, ma non ho capito che cosa avrebbe combinato».
Insieme con l’ex assessore Alfredo Peri è accusato di corruzione per aver promesso all’ingegnere Stefano Perotti (uno degli arrestati ndr) di fargli dirigere i lavori dell’Autostrada Cispadana.
«Ma poi lo hanno fatto il direttore?».
Per la verità la Cispadana deve ancora partire.
«(Ride) E allora dove sta la corruzione? (Continua a ridere)».
Conosce l’ex presidente di Italferr Maria Lorenzetti?
«Sì e penso che sia pulita».
Ha già subito una condanna per la sanità umbra, quando era presidente della Regione, e un rinvio a giudizio per la Tav fiorentina.
«Per una che ha governato per tanti anni, una condanna ci sta pure. Di primo grado poi…».
Nell’inchiesta è indagato anche l’ex sottosegretario diessino Antonio Bargone.
«Altro grande professionista. Lo conosco da anni».
Non mi sembra molto convinto della solidità di questa inchiesta.
«Se lei mi dice che Fiammenghi e Peri sono indagati per una promessa, magari una millanteria, mi chiedo: dove sta la corruzione? Mi pare che in questa storia non sia girato un euro».
Ci sono i versamenti di Burchi a lei…
«(Ride) Quindi il corrotto sono io?»
Per gli inquirenti lo sono alcuni suoi compagni.
«Io non sono un pm, ma un garantista. Sempre».
Non ha peccati da confessare? Rimorsi?
«Forse dovrei andare in pensione e invece continuo a lavorare».
Quando è entrato in Parlamento?
«Per la prima volta nel 1987. Sono da rottamare».
Questo è il mantra di Matteo Renzi. Che cosa pensa del premier?
«Siamo entrambi tifosi della Fiorentina».
Non sarà mica diventato renziano?
«Se lo ripete la querelo».